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  SANREMO: I GIOVANI ATTACCANO

Hanno avuto inizio le prove dei trenta motivi in gara - Giovedì il via alla manifestazione canora che si concluderà sabato - Per radio e per tv: sul Secondo Canale le prime due serate, sul Primo la finale • Due stili contrapposti: i «beats» contro i melodici La rassegna in cifre. L' amore è sempre il tema dominante Questi i versi (belli e brutti) per 80 milioni di telespettatori Giovedì sera si inizierà l'edizione più colossale del Festival di Sanremo. Quest'anno infatti ii numero delle canzoni in gara è salito a trenta e novantatré (tra solisti e componenti i complessi beat) saranno i divi chiamati ad interpretarle, con una netta prevalenza maschile. Per quanto riguarda la rappresentanza italiana, concorrono venticinque uomini contro dieci donne. Più equilibrato è il rapporto tra gli stranieri: sei contro cinque. I complessi vocali e strumentali sono sette stranieri, due nostrani: i Giganti e i Marcellos Ferial. Nonostante la presenza dei famosi cantanti beat e il clima giovanile che anima la rassegna, i brani ammessi si attengono quasi tutti alla tradizione melodica di Sanremo. Le canzoni di protesta (unica innovazione) sono diluite all'acqua di rosa e non si pongono certo all'avanguardia né per contenuto letterario, né per stile musicale. Una soltanto «graffia» con maggiore incisione, Pietre, che verrà cantata da Antoine, il «capellone» francese, e dall'italiano Gian Pieretti. Gli altri brani della cosiddetta « linea verde » protestataria sono Bisogna saper perdere (Rokes e Lucio Dalla) ; II cammino di ogni speranza (Sonny e Cher - Caterina Caselli) e Proposta (I Giganti - e Bachelors). Il resto è tradizione: una spolveratina di shake, qualche ritmo accidentato ma non troppo, un valzer addirittura: Io, tu, le rose, interpretato da Orietta Berti e dai Compagnons de la Chanson. La scelta delle canzoni e degli interpreti ha suscitato vivaci polemiche. Il Festival non riesce — ma è naturale — ad accontentare tutti. E gli esclusi sono molti: tra essi alcuni ritmi di vasto richiamo. Qualunque sia l'accoglienza del pubblico, il Festival di Sanremo costituisce non soltanto una piacevole evasione, ma un affare cospicuo. Per lo Stato ad esempio. L'erario con i diritti maturati all'estero incassava prima che avesse luogo questa manifestazione, soltanto 80 milioni di lire. Oggi l'Italia è al secondo posto (dopo gli Stati Uniti) nella ripartizione mondiale dei diritti d'autore. Per le vendite discografiche le cifre sono altrettanto astronomiche. Fino al '66 sono state presentate al Festival 342 canzoni (684 interpretazioni ). La rassegna ha immesso sul mercato 50 milioni circa di microsolchi. Piove di Modugno raggiunse la cifra di 8 milioni di copie vendute. Tra i dischi di maggior successo, citiamo Nel blu dipinto di blu (Modugno - Dorelli, 1958) 1 milione e mezzo di copie; Una lacrima sul viso (Bobby Solo, 1964) 1 milione e 200 mila dischi; Nessuno mi può giudicare (Caselli, 1966) ottocentomila copie. Ecco perché gli organizzatori puntano nuovamente sul grande spettacolo. Ecco la ragione di tanti interpreti sulla scena e di un così lungo repertorio. Il Festival di Sanremo alimenta la produttività nel campo dello spettacolo. Dalle sue fortune dipende il benessere di molte categorie di persone: tecnici, operai, orchestrali, giovani che si affacciano per la prima volta alla celebrità. Il Festival è lavoro per tutti, anche se ad alcuni divi toccano immeritatamente guadagni favolosi.

Ugo Salvatore






giornale STAMPA SERA del 23-24 gennaio 1967

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